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Andiamo in depressione se pensiamo alla pensione

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Ricordate quel re della mitologia greca chiamato “Tantalo”? Senza dilungarmi in inutili dettagli della relativa leggenda, vorrei solo riesumare il particolare della punizione inflittagli dagli dei per i suoi innumerevoli peccati: fu gettato nell’Ade dove non poteva né cibarsi né bere, nonostante avesse attorno cibo e acqua in abbondanza.

Infatti, non appena Tantalo provava a dissetarsi con l’acqua del vicino lago, l’intero bacino si prosciugava, e non appena tentava di mangiare un frutto da un albero, i rami si allontanavano inesorabilmente. Come se non bastasse un grosso macigno incombeva sempre su di lui con la continua minaccia di ridurlo in poltiglia.

 

Questa punizione prese il nome dalla vittima che fu oggetto della vendetta divina e fu chiamata appunto “supplizio di Tantalo”.
Non molto diversa è la pena imposta dai vari Governi, sia italiani che europei, ai lavoratori prossimi alla pensione.
Probabilmente prendendo lo spunto proprio dal mito greco, i politici nostrani modificano di continuo le modalità di accesso alla quiescenza di un’intera generazione di disgraziati impiegati, colpevoli solo di vivere nel peggiore periodo della Repubblica italiana dal dopoguerra in poi.

 

Quando stanno per toccare con mano la possibilità di vivere una serena vecchiaia, senza obblighi di firma, tornelli, capiufficio o dirigenti “coglionazzi”, guerre nel traffico per arrivare puntuali al lavoro, occhi rossi per l’utilizzo continuo dei monitor ecc. ecc., interviene tempestivamente il Governo e sposta la finestra di accesso, oppure allunga l’età minima pensionabile.
Qual è il risultato? Il povero vecchio lavoratore, reincarnazione del mitico Tantalo, vede allontanarsi all’improvviso la sua maggiore aspirazione attuale con il terrore di dover subire, dopo un ulteriore periodo di sofferenza, un successivo spostamento della sua pensione ad opera del Governo successivo, se ne frattempo non trapassa a miglior vita (cosa auspicata proprio dalle autorità amministrative) alla faccia delle nuove prolungate “aspettative di vita” che costituiscono l’alibi primario per i “cervelloni” di Stato quando elaborano le varie modifiche.
Né si possono considerare più fortunati i nostri figli che vedono ormai così lontana la pensione da considerarla una sorta di inaccessibile Eden.
Si parla di un grosso risparmio dello Stato in merito; ma sorgono spontanee alcune domande:
 

*  Ci hanno insegnato che il sistema pensionistico italiano si regge ancora su un equilibrio composto dai contributi dei lavoratori da un lato e il pagamento delle pensioni dall’altro, quindi dove sta questo risparmio dello Stato se i soldi per le pensioni sono già accantonate ed il sistema è in perfetto equilibrio (come confermato di recente sia dal dott. Antonio Mastrapasqua, Presidente dell’Inps, che dal bilancio in attivo della stessa INPS)?

 

*  Forse che questi soldi, che dovrebbero essere accantonati, nel corso del tempo si sono invece “volatilizzati”?

 

E’ legale il continuo cambiamento unilaterale e “in corso d’opera” di un contratto sottoscritto dai lavoratori all’ingresso nel mondo del lavoro… magari oltre 30 anni fa e modificato almeno tre volte negli ultimi 5/6 anni?

 

*  Ma il mancato rispetto di un contratto di lavoro, in questo caso da parte dello Stato, non dovrebbe costituire, per le vigenti leggi, grave violazione, punibile con risarcimento delle parti lese (i lavoratori)? Oppure, tutto quello che riguarda lo Stato esula da qualsiasi normativa sul diritto?

 

*  Ma i Sindacati e le Associazioni di tutela dei cittadini (perché anche i pensionandi sono cittadini come gli altri) cosa fanno? Stanno forse a guardare per rassegnazione, per incapacità … o per ignoranza? (per carità! Sempre che le mie osservazioni siano corrette, in caso contrario l’ignorante sarei io)

 

Nel secolo scorso, ma non è passato poi tanto tempo, il problema non esisteva perché ogni categoria di lavoratori aveva il suo fondo di quiescenza che si autofinanziava di mese in mese con l’accantonamento dei contributi in uno specifico deposito, senza alcun intervento dello Stato e senza cazziatoni della “tirannica” Unione Europea; perché quindi non tornare indietro levando questa patata bollente dalle mani del povero Governo? (sempre che non sia invece un bel business da mantenere in piedi).

 

Lo stereotipo della pensione è una sorte di “morte civile”, e i film sul personaggio “Fantozzi” ne hanno consolidato spesso il concetto; ma per la più vecchia generazione dei lavoratori del terziario, attualmente in servizio, costituisce invece una specie di “grazia divina” che potrebbe fornire una via di scampo dai disagi causati dagli eccessivi cambiamenti degli ultimi quindici anni nel mondo del lavoro. Un’opportunità, per gente che ormai ha quasi 60 anni ed il latte alle ginocchia, per sfuggire a continue fusioni societarie, alla minaccia della cassa integrazione, all’uso giornaliero di un mezzo aberrante come il pc, a iperattivismi e ultrazelantismi auspicati (e in parte imposti) dal signor Brunetta (che è partito da un concetto giusto ma ha finito con lo strafare).
 

Ma questo è diventato il supplizio di Tantalo, quando il pensionando sembra toccare quasi con mano la sua massima aspirazione … ecco arrivare un provvedimento estemporaneo degli dei che allontana l’agognata pensione di quel “tanto” (ecco venire fuori una ipotesi di etimologia della parola) che impedisce l’aggancio al sogno. In matematica è un po’ quello che accade con l’asintoto, una retta che si avvicina indefinitamente ad una curva ma che non riesce a toccarla mai; in più nel supplizio di Tantalo c’è anche quel masso che rischia di cadere da un momento all’altro sulla testa della vittima…la morte.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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