L’epoca del digitale, l’avvento dei social e la scriteriata competitività globale, in un contesto in cui l’uomo dominando sull’intero pianeta con le sue svariate attività ha indotto studiosi e scienziati a definire “Antropocene” l’era geologica che stiamo vivendo, hanno generato un fenomeno storico nuovo ancora preso poco in considerazione ma che produrrà, secondo il mio parere, effetti devastanti sul futuro della storiografia dell’umanità intera.
Con un neologismo che temo possa essere genericamente poco apprezzato, ho definito questo fenomeno “spazzacultura“, stiamo creando nell’era contemporanea un’immane discarica di produzioni umane (opere d’arte, video, articoli, libri, foto, realtà virtuali, film, serie televisive, giochi digitali, eventi sportivi artistici e culturali, nuovi sport, spettacoli teatrali, prodotti tv e di intrattenimento, concerti, brani musicali, ecc. ecc. ecc. ecc.) tanto indefinita e amorfa da vanificare quel poco lavoro di qualità che è stato realizzato o che forse si potrà ancora realizzare. Tutto appare già oggi impiastricciato in una poltiglia insulsa maleodorante e smorta nella quale si perdono quelle pochissime perle generate dalle scarne eccellenze che l’umanità riesce ancora a partorire, figuriamoci dunque in un prossimo futuro quando l’accumulo di dati archiviati e di opere culturali e pseudoculturali prodotte sarà forse tale da non permettere più il rintracciamento di un singolo elemento seppellito in questo gigantesco magma qualsiasi sia l’algoritmo di ricerca utilizzato.
Nella continua e dissennata sfida (questa infatti è l’epoca delle ottuse SFIDE senza fine di tutti contro tutti) di voler emergere a qualsiasi costo dall’attuale guazzabuglio culturale si continuano a produrre, postare, pubblicare e archiviare miliardi di lavori o pseudo tali da intasare, e di conseguenza inflazionare, qualsiasi campo dello scibile umano. Basta pensare alla mole di video e foto postati giornalmente su YouTube, ma soprattutto su Facebook, TikTok e Instagram … ma pensate veramente che abbia senso riversare quotidianamente tanta roba in un pozzo senza fondo come quello dei server mondiali dei social per non lasciare poi la minima traccia nel futuro di quello che si è fatto oggi in quanto restano a galla solo le produzioni cronologicamente arrivate per ultime?
Anche l’articolo che state leggendo, archiviato su Facebook e nella memoria digitale del nostro blog (Striscia la Protesta), dopo qualche giorno precipiterà verso il fondo del pubblico interesse insieme alle scempiaggini giornaliere di decine di migliaia di “influencer” ignoranti e zoticoni, ai milioni di selfy di bellezze femminili in pubblica esposizione, alle riprese delle performance atletiche di tantissimi giovani maschi esaltati sempre a caccia di visibilità in rete … perché tutti ormai pretendono di essere numeri uno pur essendo magari in realtà ben oltre lo zero assoluto, in piena zona di numeri negativi.
Si produce troppo e in modo assolutamente caotico, non c’è più tempo per la necessaria metabolizzazione di un’opera dell’intelletto umano (lasciamo perdere per un attimo la relativa qualità); tutto viene gettato frettolosamente in pasto alla rete o alla pubblica fruizione con una spaventosa e inammissibile continuità. E notoriamente il troppo stroppia, come dice il noto proverbio per indicare la negatività di ogni eccesso.
Cosa resterà? Che troveranno i nostri nipoti dell’epoca folle, insensata e stolta che stiamo vivendo? L’enorme massa dell’incultura seppellirà quasi certamente le pochissime perle che l’umanità riuscirà ancora a produrre.
Al riguardo mi vengono in mente due esempi:
- il primo è il mito di Atlantide, una grande civiltà avanzata interamente sparita nel nulla a causa della sua stessa evoluzione;
- il secondo è l’esplosione di una stella supernova che, iniziando a emettere tanta “energia” quanto ne emette il Sole durante la sua intera esistenza, finisce col collassare espellendo tutto ciò che la compone in una gigantesca esplosione.
Nel secondo caso viene chiamato “resto di supernova” ciò che rimane dopo l’esplosione … un’immensa bolla di gas, e niente più. E’ solo una metafora, ma mi sembra alquanto plausibile che continuando così della nostra cultura contemporanea resterà ben poco.