L’avevamo scritto anche noi di “Striscia la Protesta” in un articolo del marzo di quest’anno in base a nostre sensazioni sull’argomento “intelligenza artificiale” (cliccare qui per leggere l’articolo sul nostro blog), ma in seguito abbiamo scoperto che lo stesso concetto era stato espresso, esattamente un anno prima, dal filosofo e scienziato statunitense Avram Noam Chomsky addirittura sul “The New York Times“.
Chomsky, peraltro anche attivista politico e teorico della comunicazione, sostiene che “L’intelligenza artificiale (AI) è da considerare software per plagio perché non crea alcunché, copia lavori esistenti da artisti esistenti e cambia a sufficienza per sfuggire alle leggi del copyright, È dunque il più grande furto di proprietà mai avvenuto dopo le terre dei nativi americani da parte dei coloni europei“. Dobbiamo smetterla quindi di chiamarla intelligenza artificiale, perché di “intelligenza” non ha proprio nulla.
Nel nostro testo opinionistico del marzo 2024 presente sul nostro blog, abbiamo scritto anche: “Noi la chiameremmo E.D.O.D. cioè “elaborazione dati on demand“, infatti qualsiasi cosa si vuole tirare fuori da questa tecnologia (immagini, video, fotomontaggi, filmati di fantasia, testi ecc.) occorre comunque fornire delle precise indicazioni testuali o analoghi file precedenti da rielaborare secondo l’enorme bagaglio di dati informatici detenuto dalla rete. In pratica “l’intelligenza” all’opera è sempre quella umana che da alla “macchina” gli input giusti per generare qualcosa di nuovo ma sempre in base ai software e ai dati informatici già presenti in rete e nei pc di tutti gli utenti del mondo. Il lavoro che fa dunque l’AI è quello di frullare a caso i dati della “memoria globale” in base alle precise indicazioni fornite dall’uomo secondo i metodi digitali (software) creati dall’uomo stesso e dalla sua intelligenza. Quindi “artificiale” sì, ma “intelligenza” non proprio … ma volete mettere la banalità dell’acronimo EDOD con il fascino mediatico di un appellativo come quello di “intelligenza artificiale?“
Anche i neologismi certe volte hanno un “perché” oscuro nascosto dietro una nomenclatura apparentemente conveniente, e in questo caso l’oscuro consiste nella possibilità di aggirare biecamente i diritti d’autore (copyright) rielaborando a caso cocktail di dati informatici prodotti da autori vari e già presenti in rete ma attribuendo al nuovo software la capacità creativa in realtà inesistente. D’altra parte come si fa, per sanzionare in violazione del copyright i creatori di “nuove” opere realizzate con l’AI, a intercettare le singole componenti di un prodotto di questo genere e risarcire così gli autori plagiati? Ecco, questo potrebbe essere il nuovo scopo dell’intelligenza artificiale: scovare tutte le componenti originali che hanno generato nuove immagini, nuovi testi, nuovi filmati e applicare a loro le leggi sul copyright … ma i politici non sembrano assolutamente di quest’avviso, dunque: PRONTI E VIA ALLE TRUFFE DI OGNI TIPO.