Nell’era della comunicazione globale i controsensi delle abbreviazioni, dei twitt, degli emoticon e della brevità forzata nel linguaggio scritto e parlato, stanno tagliando gran parte della nostra capacità di espressione, proprio come l’uso smodato dell’inglese nel nostro Paese sta distruggendo la lingua italiana.
Vi riportiamo alcuni degli esempi più comuni, chi di voi non ha già letto su Facebook, Whatsapp, Messenger o nelle Chat, parolette “singhiozzate” come queste?
- “rip“: per dire “riposi in pace” (quella che appare la più cinica e irriverente, soprattutto perché rivolta a un essere umano defunto)
- “npl” : per indicare i “crediti deteriorati” o le “sofferenze bancarie” (non performing loans)
- “raga” : per invocare i propri amici (ragazzi)
- “cmq” : per comunque, una parola che nelle chat è considerata lunghissima
- “x” : per non scrivere “per”
- “cn“: contrazione di “con” – certo un gran bel risparmio!
Ma poi ci sono le espressioni tipiche dei nerd :
- 10X o 10Q: per ringraziare (dall’inglese “thanks” (10 = ten, x = ks) o “thank you” (10 = ten, q = kyou).
- 2: per scrivere “anche” o “pure” (dall’inglese “too”) – quindi per scrivere “anch’io” (me too) si adopera “me 2″
- 2H: per indicare “arma a due mani” (abbreviazione di “two hands“)
- 4 : abbreviazione di “per” (dall’inglese “for”). Quindi “4life” (for life, per la vita), oppure “4ever” (for ever, per sempre), “4u” (for you, per te)
- LOL : per indicare “un sacco di risate” (acronimo dall’inglese laughing out loud o lots of laughs, “sto ridendo sonoramente”)
Ma ce ne sono migliaia, impossibile indicarle tutte in quest’articolo.
La comunicazione totale, invece di espandere linguaggi e contenuti, ha dilatato esclusivamente le tecniche di diffusione e la massa degli utenti coinvolti, peggiorando però enormemente la qualità dell’informazione, sia nella sostanza che nelle forme stesse di espressione.
Oggi sui social non si dialoga, piuttosto si “cinguetta”, si singhiozza, si balbettano acronimi, si tendono a sillabare solo pezzi delle parole necessarie rendendo i testi sempre più simili a serie infinite di codici fiscali, sacrificando tante innocenti vocali che, pur non avendo fatto alcun male a nessuno, vengono elise spietatamente, troncate e massacrate sull’altare del “linguaggio universale” che tale non sarà mai, perché sempre più precluso alle masse restando nella conoscenza dei pochi “creativi” che l’hanno generato.
In tutto questo accorciare, abbreviare, sintetizzare scriteriatamente, spesso non si ci comprende, si alterano le corrette percezioni dei toni espressivi, che solo con i giusti giri di parole possono essere adeguatamente descritti. Per questo i moderni “tagliatori di testi” hanno inventato gli “emoticon“, faccette o in genere piccole icone, incaricate di indicare stati emotivi o specificare contesti che gli abusi delle abbreviazioni fanno inevitabilmente sparire.
Ma a questo punto, considerando che siamo nell’età digitale e che il linguaggio dei computer, che a breve domineranno il mondo intero, è basato sul codice binario composto dai soli due elementi “1” e “0“, perché non parliamo o scriviamo anche noi nello stesso modo? Eviteremmo così anche gli sforzi mentali che facciamo oggi per abbreviare le parole, privandole magari solo di una o due vocali o di qualche consonante. Dialogando direttamente in forma digitale, con l’ausilio degli emoticon, potremmo evitare tutti quegli inutili sforzi che facciamo tutti i santi giorni sui social per “risparmiare” pezzi di parole e inventare sempre più nuove abbreviazioni.
Se, per esempio, ai tempi di Dante Alighieri fossero già esistiti il codice binario e gli emoticon, il sommo poeta avrebbe scritto la sua “Divina Commedia” così:
Senza alcun dubbio il grande poema risulterebbe più attuale, tecnologico, pittoresco e sintetico, ma non vi sembra che manchi sempre qualcosa?